Camogli racconta

Un Teatro d’ascolto

di Gian Luca Favetto

Il racconto è sempre un incontro. E l’incontro è sempre teatro. Questo penso. E penso anche: che cosa c’è di più invisibile delle nostre storie personali, se non vengono raccontate? Quali gli strumenti ideali, se non le storie, per dare spazio, senso e consistenza a una comunità? 

Per far vivere una comunità e riconoscersi in essa, è bene intrecciare, scambiare, comunicare, ascoltare le storie delle persone che questa comunità compongono. Noi tutti siamo fatti più di storie che di atomi. Ed è lo stesso per le città in cui viviamo. Più che di palazzi, strade, monumenti, sono fatte delle persone che le abitano e le attraversano. 

Da questo sentire nasce “Camogli racconta”: un raccolto di storie tessute e rielaborate per formare una vela che possa essere issata, prendere il vento e farci viaggiare. L’uno verso l’altro. E tutti insieme. Consentendo di scoprirci, al tempo stesso, stranieri e familiari. 

La struttura e l’idea del lavoro è semplice. Non facile, ma semplice. E, come con tutte le cose semplici, ci si arriva per gradi. Con pazienza e cura, con attenzione e leggerezza. 

La cosa è funzionata così. Prima di tutto, c’è stato l’incontro. Le persone che hanno partecipato si sono confidate, si sono aperte all’altro in arrivo da fuori. Il forestiero è uno scrittore che ha ascoltato, raccolto, riassunto e confezionato la storia. A chi gliela ha raccontata, l’ha poi restituita, in modo che si potesse riconoscere attraverso un nuovo punto di vista. 

Di storia in storia, di incontro in incontro, di incastro in incastro, è venuta fuori una piccola enciclopedia di vicende, ricordi, sentimenti, gioie, dolori, avventure, desideri, impressioni, speranze. Questo è “Camogli racconta” e questo vogliamo condividere sul palco del Teatro Sociale. 

Il teatro è il luogo ideale dove ascoltare storie in cui specchiarsi. Storie altrui che diventano nostre. L’auspicio è che questo lavoro – cominciato due anni or sono, interrotto per la pandemia, ripreso, riadattato –, attraverso i racconti di alcuni uomini e donne, permetta di ritrovare ciò che già conosciamo, scoprire ciò che non conosciamo e mettere in dubbio ciò che crediamo di sapere su noi stessi e su questo luogo del cielo e del mare chiamato Camogli. 

Appunti di regia su Camogli racconta

di Giorgio Castagna

Che cos’è oggi la città per noi? Penso d’aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città.” 

(Italo Calvino, New York 1983)


“Camogli racconta” è una occasione, uno spazio prezioso dove ritrovarsi, è un progetto dal sapore antico, che riscopre le origini del teatro. Nell’antica Grecia, tutti gli abitanti di Atene si riunivano una volta all’anno per le Dionisiache ad ascoltare una storia raccontata da un manciata di cittadini, allenati per l’occasione. Le storie riguardavano gli eventi della comunità, affinché si potesse ragionare sul presente, facendo tesoro delle esperienze del passato: un modo per generare un pensiero collettivo complesso. Il teatro quindi svolgeva una triplice funzione: politica, spirituale, ludica. Era lo specchio in cui la comunità si rifletteva.
Se guardiamo con la lente dei cittadini di Atene possiamo percepire quanto sia importante ritrovarsi per questo evento di fine aprile.
Da abitante di questo paese posso dire che ascoltare e lavorare sulle storie degli attori, magistralmente sintetizzati dall’autore, sia stata  un’occasione, un ponte per conoscere più approfonditamente le persone.
Abbiamo lavorato come in un vero e proprio laboratorio per scovare, insieme agli attori, la necessità, il cuore  del racconto da mettere in luce per narrarlo al pubblico. Lo spazio del palcoscenico non è mai gratuito: chi sale su quelle assi di legno deve sempre rispondere a  domande implicite nascoste dentro le parole, ovvero: perché parlo? E a chi?
Per quanto riguarda la messa in scena, abbiamo fatto di Camogli una città invisibile prendendo spunto dal celebre libro di Calvino. Una città  come un porto di persone che arrivano e sognano l’approdo, di persone che rimangono e persone che partono da questo porto per visitare terre lontane. Una città che prende vita e si svela da una semplice domanda di conoscenza posta dal viaggiatore. Riprendendo Calvino “Camogli racconta” è un atto d’amore verso i suoi cittadini, perché come dice un attore di questa storia:

“Ho sempre collegato il Teatro Sociale all’amore. Perché uno viene a teatro, se non per amore?”

Le foto dello spettacolo